Il confronto naturale, non competizione, tra bambini e ragazzi

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Secondo il Metodo Montessori la competizione non serve: ma come è possibile oggi nel mondo in cui viviamo?

Dobbiamo intenderci: è pessima la competizione provocata dagli adulti con la pretesa di accendere interessi in chi resta indietro, quella competizione che mette artificiosamente un bambino contro l’altro, a spese dei più fragili. Dire “pessima” è poco: è amorale.

C’è al contrario un confronto naturale che si rivela in situazioni come la nostra dove bambini e ragazzi non sono divisi rigidamente per età anagrafica, ma riuniti in  gruppi-classe o gruppi-ciclo in cui si incontrano naturalmente piccoli e grandi, con differenze di due, tre anni o anche più.

Infatti in alcune situazioni bambini e ragazzini giocano tra loro e organizzano attività gestite autonomamente…

Quanto più si diversifica, tanto più ricca è la crescita comune, l’incontro con punti di vista diversi, lo sviluppo della capacità critica…Magari avere a scuola bambini diversi per etnia, censo, cultura, capacità mentali sensoriali e motorie, provenienza geografica, lingua, religione, colore della pelle, dei capelli, degli occhi… per scoprire abilità diverse. Del resto una scuola come la nostra, che sul piano della biologia riconosce l’importanza della varietà delle forme viventi, sarebbe incoerente se non accogliesse come un valore le diversità nel gruppo degli allievi frequentanti.

Qui il confronto diventa naturale, si stempera nell’ascolto reciproco, assume significato – il parere del compagno Down o quello del ragazzino geniale che sa fare a  mente grandiosi calcoli aritmetici –  e si perfeziona proprio per il fatto che l’adulto non promette premi, non lancia giudizi verbali. Favorisce la collaborazione e lo scambio, piuttosto che la comparsa di leader malati di protagonismo e di gregari che sanno solo chinare la testa e denunciare. Fenomeni che ci sembrano di decrescita piuttosto che di sviluppo.

Se i bambini impiegano le loro energie per  difendersi e per emergere a spese o a danno di altri significa che non si permette loro – nemmeno ai cosiddetti “migliori” – di esprimere al massimo le potenzialità originarie. Si è ben lontani dal confronto naturale come percezione della grande ricchezza che viene da gruppi di persone, ciascuna delle quali unica, originale, irripetibile perfino se si tratta di gemelli identici.