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Chi frequenta la materna Montessori alle elementari è più bravo!

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Sono i più bravi alle scuole elementari e provano un maggior piacere nell’apprendimento: sono i bambini usciti dagli asili che seguono il metodo Montessori. Lo mostra uno studio pubblicato su Frontiers in Psychology da ricercatori della University of Virginia. Si tratta del più recente studio longitudinale – ovvero che segue gli stessi soggetti nel corso del tempo – sui risultati del metodo educativo inaugurato nel 1907 da Maria Montessori nella “casa dei bambini” di via dei Marsi, a Roma.

Lo studio ha coinvolto 141 bambini di Hartford (Connecticut), 70 iscritti a una scuola d’infanzia (pubblica) montessoriana e 71 in altre scuole materne, e li ha seguiti dall’età di tre anni fino ai sei. È stata scelta la scuola di Hartford perché l’ammissione avviene tramite un’estrazione a sorte, sistema che ha permesso di superare una lacuna nell’attendibilità degli studi precedenti sul metodo Montessori, ovvero l’influenza delle famiglie.

Infatti mettere semplicemente a confronto i risultati scolastici degli alunni montessoriani con quelli degli altri significa ignorare che le famiglie che scelgono per i loro figli quel tipo di scuole sono in genere più informate, più selettive e dotate di maggiori risorse economiche rispetto alle altre, e quindi il successo scolastico dei figli potrebbe derivare più dall’avere una famiglia che può e sa seguire il figlio che da oggettive qualità del metodo.

In questo caso invece tutte le 141 famiglie avrebbero voluto un’istruzione “alla Montessori” per i loro figli – e quindi non sussisteva già un divario socio-culturale iniziale – anche se solo 70 hanno potuto soddisfare il loro desiderio. E i loro figli – si è visto alla fine dell’esperimento – hanno tratto notevole profitto dal metodo Montessori: “Abbiamo trovato che alla scuola elementare ottengono risultati migliori rispetto agli altri. Non solo: gli alunni Montessori provenienti da famiglie di basso reddito ottengono gli stessi voti dei bambini di famiglie più agiate” spiega Angeline Lillard, docente di psicologia e direttrice dell’Early Development Lab dell’University of Virginia. “Si direbbe che il metodo Montessori possa anche essere uno strumento per superare gli effetti della diseguaglianza economica”. Come si spiega questo effetto?  Per Lillard “una possibilità è che, nelle scuole convenzionali, gli insegnanti non si aspettino che i bambini delle famiglie più povere abbiano la stessa performance degli altri: potrebbe esserci una sorta di effetto Pigmalione alla rovescia” spiega Lillard.

“Invece nelle scuole Montessori, siccome i bambini imparano soprattutto manipolando i materiali didattici, e i materiali didattici non giudicano, questo effetto non si presenta”. Un’altra caratteristica tipica degli alunni montessoriani è lo sviluppo di una motivazione intrinseca nell’apprendere: Maria Montessoririteneva i voti un elemento fuorviante, perché il bambino che ha bisogno di una gratificazione esterna tenderà a evitare di avventurarsi nei compiti più difficili per non rischiare un brutto voto. Invece il bambino che si impegna perché vuole saper fare, ha un atteggiamento più aperto ed esplorativo, e può sviluppare una maggiore capacità di affrontare le sfide.

Motivazione intrinseca e passione sono realtà correlate: lo studio su Frontiers in Psychology evidenzia infatti che le migliori performance degli “alunni Montessori” non sono frutto di particolare sacrificio, ossia non sono avvenute a scapito del piacere di andare a scuola: “Questi bambini sono più a loro agio in classe, e sembrano dotati di più pronunciate capacità sociali” sottolinea Lilllard.  “Inoltre hanno mostrato una maggiore persistenza nei compiti più impegnativi, qualità che è un fattore predittivo per il successo nella vita”. Probabilmente non è un caso che menti capaci di cambiare il mondo come quelle di Jeff Bezos, Larry Page e Sergey Brin siano un prodotto delle scuole Montessori.

Questo però non vuol dire che una qualsiasi scuola Montessori sia di per sé garanzia di riuscita, sottolinea Angeline Lillard: “Le mie ricerche mostrano che quando il metodo non è applicato con scrupolo – in particolare quando materiali didattici non-montessoriani vengono aggiunti a quelli classici – i risultati dei bambini non sono altrettanto soddisfacenti di quelli che si hanno quando vengono usati soltanto i materiali originali. Ma ci sono anche altri fattori molto importanti, come la preparazione dell’insegnante. Un insegnante ben preparato sa osservare i bambini e intervieni al momento giusto per mostrare le cose da fare. Il ruolo di un insegnante montessoriano è molto delicato: non serve a fornire informazioni, ma a connettere il bambino all’ambiente didattico. Perché è proprio attraverso questa connessione che il bambino impara”.

 

L’articolo è apparso su Repubblica, firmato da Giuliano Aluffi.